1965-1975 – La Cgil e lo scenario locale
Nel 1971 la popolazione residente in provincia è di 284.881 persone. Piacenza ha 106.141 abitanti.
Gli occupati sono 109.661 (per il 75% uomini), nei settori dell’industria per il 40%; dell’agricoltura per il 22%, del commercio per il 14%; dei servizi per l’11% – unico settore in cui la percentuale femminile con il 60,3% supera quella maschile-; nella pubblica amministrazione con il 5%; dei trasporti per il 5%; nel settore creditizio e assicurativo per l’1,3%.
La popolazione “non attiva” è di 121.936 individui, di cui 30781 maschi. 63.904 sono considerate in questa categoria le casalinghe e 13135 gli studenti e le studentesse.
I dati demografici rivelano l’avvenuta trasformazione del tessuto economico sociale locale, risultato anche di un decennio di intensa mobilitazione sindacale.
In assenza di una chiara vocazione settoriale di crescita, nel corso degli anni Settanta l’economia piacentina si colloca in una posizione intermedia per la gran parte dei settori produttivi. La crisi che nei primi anni Settanta colpisce i paesi industrializzati e i mercati internazionali si ripercuote anche sulle imprese piacentine, seppure operanti quasi esclusivamente sui mercati nazionali e quindi meno soggette alla necessaria ristrutturazione. In questi anni si assiste infatti a un ridimensionamento dei settori tradizionalmente ad alta domanda di lavoro femminile (tessile, abbigliamento, alimentare, commercio alimentare), a fronte di un corrispondente aumento dell’offerta; a questo si associano l’esistenza di forti squilibri tra domanda e offerta di lavoro provocati dalle caratteristiche del sistema scolastico e di formazione professionale locali, meno orientati a riprogettarsi con corsi scolastici corrispondenti ai reali bisogni del mercato del lavoro. Permane una forte presenza di lavoro autonomo nelle attività aziendali locali.
Alla vigilia delle grandi vertenze sulla riforma delle pensioni e sull’abolizione delle differenze salariali tra le varie zone del Paese che fra il 1968 e il 1969 vedono manifestare lavoratori e studenti, a Piacenza il clima di scontro che caratterizza le relazioni industriali è incandescente: nell’estate del 1968 le lavoratrici del Maglificio Piacentino, che conta 500 occupate prevalentemente giovanissime, entrano in sciopero e occupano la fabbrica. Le richieste riguardano un aumento salariale e un miglioramento delle condizioni di lavoro e coinvolgono anche altri maglifici come il Faini, dove le lavoranti scendono a protestare in strada e in Provincia, e il Malerba, dove le lavoratrici nel 1971 occupano la fabbrica; il Gatti di Castel san Giovanni che porta avanti una trattativa nel 1972 per un ricalcolo delle liquidazioni; l’IME di Borgonovo che nel 1974 discute il rinnovo dell’accordo aziendale.
L’esito positivo della vertenza non chiude però la stagione delle lotte che anche a Piacenza si focalizzano principalmente sul contratto dei metalmeccanici. Il territorio è costituito da un tessuto aziendale fatto di piccole e medie imprese. Nel settore si distinguono l’Astra, l’Arbos al centro di una vertenza iniziata nel 1975 che vede protagonisti operai, tecnici e avvocati, fra cui Alessandro Miglioli. Nella raccorderia sono presenti la Omc, la Tecnitub, la Petroltubi; la Biffi, la Gabbiani di Podenzano per la lavorazione del legno; la Secmu e la Mandelli che producono macchine utensili a controllo numerico, la Impero produttrice di utensili speciali, la Ballerini nel settore delle ricerche petrolifere, la Laltesi che è leader nelle macchine per l’edilizia, la Schiavi che produce macchine per l’industria grafica. Tutti gli stabilimenti sono coinvolti in questa intensa stagione di lotte sindacali.
Nelle fabbriche maggiori, oltre alla fermata tradizionale basata sull’astensione dal lavoro per un’intera giornata, vengono introdotte modalità di sciopero articolate con un pacchetto di ore da gestire nell’arco della settimana rimanendo sul posto di lavoro. La vertenza dura oltre quattro mesi con l’accumulo di 200 ore di sciopero e vede la discesa in campo anche degli impiegati che scioperano insieme agli operai: nell’ottobre del 1969 a Piacenza Fiom-Cgil, Film-Cisl e Uilm organizzano la prima grande manifestazione della categoria dei metalmeccanici con partenza dal piazzale antistante la fabbrica Arbos e arrivo al cinema Roma. Oltre 1000 persone, tra operai e impiegati di tutte le aziende piacentine del settore, sono presenti.
Ma il 1969 è anche l’anno dell’attentato alla sede della Camera del Lavoro: avvenuto il primo novembre di quell’anno, viene condannato con una manifestazione pubblica in piazza Cavalli.
Contemporaneamente all’approvazione dello Statuto il 20 maggio 1970, anche a Piacenza per la prima volta dopo la scissione, la festa del 1° maggio viene celebrata in maniera unitaria da Cgil, Cisl e Uil.
Nel settore metalmeccanico la Cgil, guidata da Adriano Trespidi fino al 1979 (con una segreteria che negli ultimi due anni conta anche Anselmo Ramponi, Carlo Debè, Gianfranco Dragoni, Stefano Longeri, Gaetano Mantovani, Albano Riboni e Carlo Roda) è impegnata nella contrattazione integrativa articolata, fabbrica per fabbrica: prima di allora infatti l’integrazione del contratto nazionale è possibile solo nelle maggiori aziende (Tecnitub, Astra, Arbos). Il salto di qualità è la contrattazione del mansionario con la possibilità dei consigli di fabbrica di discutere l’assegnazione delle qualifiche di ogni dipendente con la direzione aziendale. Sempre in quegli anni, la nascita della categoria unitaria dei lavoratori metalmeccanici, la Flm (Federazione Lavoratori Metalmeccanici), viene sancita a Piacenza con l’acquisto di una sede propria nel 1974. Il decennio Settanta a Piacenza è però anche quello della vertenza Arbos che inizia nel 1975 con l’occupazione della fabbrica di trebbiatrici. Si conclude sei mesi dopo con l’acquisizione dell’azienda da parte dei 440 operai destinati al licenziamento con le loro liquidazioni, consentendo dunque di proseguire nella produzione almeno per qualche tempo.
In quegli stessi anni, Piacenza e il suo sindacato si misurano con la “strategia della tensione”: la città fa sentire la sua voce il 29 maggio 1974 in occasione dell’attentato di Piazza della Loggia a Brescia di qualche giorno prima (24 maggio) con una manifestazione che vede partecipare 10.000 piacentini.
E la fa sentire anche rispetto ad alcune “cause internazionali” incontrando i delegati dei sindacati cecoslovacchi, esprimendo solidarietà al popolo cileno dopo il colpo di stato di Pinochet, con manifestazioni e una sottoscrizione tra i lavoratori, e agli operai e al popolo spagnolo contro il regime franchista.
Alle elezioni politiche del ‘68, a cui partecipa una percentuale di votanti del 97,04% in città e del 94,51% in provincia, risulta confermato il democristiano Alberto Spigaroli al Senato, mentre alla camera entrano Carlo Ceruti, democristiano, e il comunista Luigi Tagliaferri, in virtù di un aumento di suffragi per la Dc e per il Pci. Nelle elezioni del 1972, sono eletti al Senato i democristiani Spigaroli e Farabegoli e alla Camera i comunisti Carlo Cerri, Piergiorgio Bottarelli, il democristiano Sergio Cuminetti e il missino Carlo Tassi.
Nel 1966, a causa dell’improvvisa morte del sindaco socialdemocratico Giovanni Cerlesi, assume la carica il socialdemocratico Giancarlo Montani fino al 1970. Nel luglio del ‘70 le elezioni regionali comunali e provinciali vedono un avanzamento generale del centrosinistra e risultano eletti in Regione i democristiani Giovanni Spezia e Agostino Covati e il comunista Giancarlo Boiocchi.
Si avvia la lunga stagione “rossa” di Piacenza con il Pci che domina la scena politica: nella prima tornata elettorale del decennio i comunisti ottengono 21.774 voti pari al 30,8% (eletto sindaco è il democristiano Erio Ghillani), fino ad arrivare alla punta massima del 37,1 % alle amministrative del 1975 e il 26 giugno 1975 viene eletto per la prima volta nel secondo dopoguerra un sindaco comunista, l’avvocato Felice Trabacchi mentre in provincia torna il socialista Giordano Persicani, con una giunta composta per metà da socialisti e per metà da comunisti.
Un importante ruolo di impegno e di anticipazione delle tematiche del ’68 all’interno del panorama piacentino, soprattutto in merito alla “questione operaia”, ha lo Psiup (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, 1964-1972, nato da una scissione dello Psi) che, nella nostra città, ha una delle sedi più partecipate e rappresentative d’Italia, grazie all’azione di Stefano Merli, nato a Podenzano e storico del lavoro, e a Nuccio Tirelli. Grazie ad una profonda capacità di indagine e di analisi sui problemi che i lavoratori vivono in fabbrica, il giovane partito esprime grande vitalità attraverso le “inchieste operaie” su cui si fanno le ossa alcuni dei futuri protagonisti della politica e della cultura piacentine come Giacomo Ercoli, Carlo Berra, Maurizio Mantovani, Cristiano Dan, Luigi Redaelli. L’esperienza antiautoritaria della Scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani, unitamente al fermento sollecitato dal Concilio Vaticano II, alimentano l’impegno dei cattolici nella Cgil a fianco delle battaglie anche più radicali: le “Comunità di base”, sorte in alcune parrocchie rette da coraggiosi “preti operai” attivissimi nei sindacati e nelle fabbriche, come Giovanni Passera, Luigi Baracchi, Nuca Consalvo, si rivolgono prima di tutto ad intercettare i bisogni del mondo del lavoro e a sostenere la formazione culturale del proletariato.
Bibliografia
ISTAT, “Provincia di Piacenza, 2: Dati per comune sulle caratteristiche strutturali della popolazione e delle abitazioni”, 34, Biblioteca Digitale ISTAT | Provincia di Piacenza
G. Dragoni, Lettere sul lavoro e la politica, Edizioni Scritture, Piacenza, 2021
G. Dragoni, E. Gazzola, Anni operai Piacenza 1969-1972 : memorie da un lungo autunno caldo, Edizioni Scritture, Piacenza, 2019
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I. Legranzini, Il ceto politico municipale di Piacenza dal 1946 al 1990: un’analisi empirica, Tesi di laurea, Università degli studi di Pavia, 1992
G. Magistrali, Gli amministratori locali nella provincia di Piacenza dal 1946 al 1970, Tesi di laurea, Università degli studi di Milano, 1989 (in deposito tutelato presso l’Isrec di Piacenza)
D. Formaleoni, La Cassa di Risparmio di Piacenza e lo sviluppo dell’economia piacentina: 1970-1975, Cassa di Risparmio di Piacenza, Piacenza, 1977
Archivio Cgil, Isrec Piacenza