1891-1918 – La CGIL nello scenario generale
La nascita delle organizzazioni politiche e sociali di fine Ottocento rappresenta lo sviluppo della pressione delle classi lavoratrici per l’allargamento dei diritti e la difesa della dignità del lavoro, nel contesto internazionale della diffusione della Seconda rivoluzione industriale e della prima crisi moderna del capitalismo, identificata nella formula storica di “grande depressione” degli ultimi decenni dell’Ottocento, che provoca licenziamenti, crollo dei consumi e crisi di sovrapproduzione. Lo sviluppo industriale italiano, avviato molto in ritardo rispetto agli altri paesi europei dopo l’unificazione, modifica nel profondo l’economia in senso capitalistico e la società con nuove divisioni di classe, nuove ingiustizie e lo sfruttamento indiscriminato del lavoro nei campi e nella nascente industria, sostenendo così il sorgere difensivo di Società di mutuo soccorso tra i lavoratori, soprattutto di mestiere, e le prime forme cooperativistiche contro il carovita.
La svolta autoritaria di fine secolo che si esprime con la violenta repressione delle manifestazioni per il pane del 1898 in tutte le città, decine di morti e centinaia di arresti viene accantonata con il governo Zanardelli che avvia l’era riformistica giolittiana, assegnando in particolare allo Stato una posizione di neutralità rispetto alle dinamiche sociali in corso e perciò consentendo ai lavoratori e alle loro organizzazioni lo spazio politico di espressione.
Il modello a cui si ispirano le “Borse del lavoro”, come viene chiamata anche quella che nasce a Piacenza nel 1891, è di matrice francese, diffuso a partire dall’esperienza della municipalità parigina del 1882 anche in Belgio e Svizzera, grazie alla cassa di risonanza di due eventi contemporanei: l’Esposizione universale nel Centenario della Rivoluzione francese, entro cui trovano espressione e confronto anche le istituzioni di patronato, previdenza, assistenza e cooperazione; la Seconda internazionale dei lavoratori, che ha il proprio punto cardine nella creazione di partiti politici operai che si muovano all’interno della cornice parlamentare dello Stato, al fine di migliorare le condizioni dei lavoratori. Nel 1892 a Genova, nasce il Partito dei lavoratori italiani, che tre anni dopo assume il nome Partito socialista italiano. La grave depressione e la svolta autoritaria di fine secolo mettono temporaneamente in crisi le organizzazioni del proletariato, che reagiscono aumentando i propri aderenti e qualificando le agitazioni e la pressione sociale. Al primo Congresso nazionale dei lavoratori della terra del novembre 1901 sono rappresentate 33 Leghe, con 6292 iscritti.
Nel congresso che si svolge a Milano dal 29 settembre al 1° ottobre del 1906 le Camere del lavoro, le Leghe e le Federazioni decidono di confluire in un’unica organizzazione e fondano la Confederazione Generale del Lavoro (CGdL). Sono presenti all’atto di nascita delegati di quasi 700 sindacati locali, in rappresentanza di oltre 250.000 iscritti. Il primo segretario generale eletto è Rinaldo Rigola.
Fin dall’inizio, la CGdL si configura come organizzazione basata sulla solidarietà generale fra lavoratori e non soltanto sulla rappresentanza di mestiere, assegnando un ruolo primario alle Camere del Lavoro che svolgono funzioni di unificazione della classe operaia e di coordinamento fra i sindacati, gestiscono il collocamento al lavoro e la formazione professionale, forniscono assistenza nelle controversie di lavoro. Le Camere del lavoro sono anche luoghi di educazione ed emancipazione delle classi lavoratrici, dove si insegna a leggere e scrivere e si organizzano biblioteche popolari.
Notevoli sono le conquiste, almeno sulla carta, nell’ambito della legislazione sociale dei primi decenni del secolo: le prime leggi di tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli, l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, il riposo settimanale, il divieto del lavoro notturno in alcuni settori. Inoltre, Giolitti riforma e implementa la Cassa nazionale invalidità e vecchiaia, primo embrione del futuro Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale. Si firmano i primi contratti collettivi di lavoro con le aziende o su base territoriale. Nei maggiori poli industriali, dove più è avanzata l’organizzazione sindacale, nascono le prime forme di rappresentanza sui luoghi di lavoro.
Nel 1910 nasce anche la Confederazione Generale dell’Industria Italiana, la Confindustria.
Il cauto riformismo del governo Giolitti subisce una brusca inversione di tendenza con la guerra di Libia (1911-1912). Nel segno di un nazionalismo aggressivo e reazionario, riprendono le repressioni poliziesche contro il movimento operaio e importanti conquiste sono rimesse in discussione. La Confederazione – che tenta di opporsi alla guerra coloniale – è indebolita nel 1912 da una pesante scissione: gran parte dei sindacalisti rivoluzionari formano la Unione Sindacale Italiana, USI, che a sua volta subisce una scissione da parte dei sindacalisti “interventisti”, favorevoli all’entrata in guerra dell’Italia nel 1914. La situazione peggiora con lo scoppio della Grande guerra, che vede la Confederazione assumere una posizione di appoggio al Partito socialista che non vota in Parlamento i crediti di guerra.
Quando l’Italia entra in guerra, viene decretata la “mobilitazione industriale”: le industrie di importanza strategica sono sottoposte a disciplina militare ed è abolito il diritto di sciopero. Anche la legislazione sociale introdotta nel periodo giolittiano è di fatto abrogata.
Bibliografia
P. Perna, Breve storia del sindacato : dalle società di mutuo soccorso al sindacato dei Consigli, De Donato, 1978
A. Pepe (a cura di), Storia del sindacato in Italia nel ‘900, 4 voll., Roma, Ediesse
C. Antonini, E. Paraboschi (a cura di), La prima sorta sotto i cieli d’Italia, Camera del lavoro di Piacenza, 1921